I miei occhi sul mondo. Scritti di viaggio by Annemarie Schwarzenbach

I miei occhi sul mondo. Scritti di viaggio by Annemarie Schwarzenbach

autore:Annemarie Schwarzenbach [Schwarzenbach, Annemarie]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literary Collections, General, Travel, Essays & Travelogues
ISBN: 9788842825487
Google: mChDwgEACAAJ
Amazon: 8842825484
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2019-02-20T23:00:00+00:00


Hotel Plaza

Non importa dove si trova questo «Hotel Plaza», se a New York, a Bombay o a Calcutta, a Tokyo o alle Bahamas – là, alle Bahamas, oggi vivono sicuramente molte persone facoltose che pertanto non hanno bisogno di definirsi né «emigranti» né «rifugiati». Per esperienza diretta so che i Plaza, i Ritz e i Palace si assomigliano ovunque: i loro bagni sono tutti grandi uguali, il dry martini ghiacciato servito nei loro bar ha lo stesso sapore, anche i prezzi, a Singapore e a Barcellona, come su un transatlantico, sono simili, tuttalpiù i camerieri e gli steward a Suez cambiano giacca, perché là, all’uscita dal canale, ci si può prendere facilmente un raffreddore e agli ospiti si consiglia di sostituire le giacche bianche da sera che indossavano in India con lo smoking nero usato abitualmente in Europa. Conosco persone che hanno comprato il loro biglietto a New York sostenendo di poter viaggiare solo per tre mesi in estate e che poi nella loro cabina verniciata di bianco hanno circumnavigato, in quel breve lasso di tempo, la terra più velocemente di Jules Verne. Ho letto il libro di Jean Cocteau, che a sua volta ha battuto quel record: in meno di novanta giorni è riuscito a fumare una pipa d’oppio in compagnia di marinai asiatici, neri e soprattutto francesi nei porti dell’India, della Cina e dell’Australia, a farsi invitare a cena all’ambasciata francese in Giappone e inghirlandare da belle ragazze indigene alle Hawaii. Ricordo molto bene il mio arrivo a Gerusalemme al termine di una lunga traversata del deserto. Dopo aver bevuto un cocktail all’hotel King David Tower notai una locandina con l’annuncio che il violinista ebreo che appena tre anni prima aveva mandato in visibilio il pubblico a Berlino suonando il concerto per violino di Brahms diretto da Furtwängler, quella stessa sera avrebbe tenuto lo stesso concerto in città. In albergo, che avrebbe potuto benissimo chiamarsi anche Jerusalem Plaza, incontrai cinque studentesse di un convitto di Boston accompagnate da due attempate insegnanti. Avevano dai diciotto ai vent’anni, non erano fidanzate e passavano le vacanze estive viaggiando per conoscere il mondo. Avevano visto il porto di New York, la Statua della libertà, la rocca di Gibilterra, Marsiglia, Genova, il Vesuvio, Capri e i cannoni di Malta. A colazione avevano bevuto succo d’arancia californiano, spagnolo e poi di Giaffa, avevano ammirato le moschee di Damasco, le rovine di Baalbek, la gobba di un cammello e il lago di Genesaret e avrebbero visto l’India, il Plaza di Bombay, le notti e i ciliegi in fiore del Giappone. Adesso so perché mi ricordo con altrettanta precisione di quelle giovani e banali collegiali americane quanto del concerto di Huberman che mi aveva investito con le sue sonorità colme di dolore umano e di commossa dolcezza mentre ero ancora stordita dalla nebbia bianca del calore, dalle privazioni e dall’immensa vastità del deserto. Le ragazze che soggiornavano al King David Tower erano sicuramente insignificanti e saranno tornate senza contrattempi a New York, avranno ordinato i loro



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